Città Digitale – La città, la rete e la sua forma

Sabato 12 giugno ho partecipato a uno dei Forum “Città Digitale – La città, la rete e la sua forma”, organizzato da Paolo Valente per la Festa dell’architettura di Roma, evento di 4 giorni che si è tenuto presso alcuni padiglioni dell’ex mattatoio del Testaccio (MACRO Future).

Vi lascio con una breve rassegna scritta da Giuseppe Di Siena (mio fratello) nel suo blog.

E’ il coordinatore Paolo Valente (Temperatura 2.0) a introdurre dapprima una gentile rappresentante dell’assessore alla cultura del Comune di Roma, poi a presentare e moderare gli interventi in programma. Carlo Ratti (SENSEable City MIT) spiega che Copenaghen 30 anni fa era una città stracolma di auto come tante altre. Oggi il 50% degli spostamenti vi avviene in bicicletta. In proposito il MIT ha lavorato al progetto di una ruota in grado di recuperare energia nei percorsi in discesa o in fase di frenata, e di restituirla poi al ciclista nella coppia di pedalata. Tra le altre cose mostra uno studio che ha permesso di tracciare il percorso compiuto da comuni oggetti di consumo dopo essere diventati rifiuti, e un tetto d’acqua a scomparsa, realizzato nella città di Saragoza in occasione dell’Expo 2008. Secondo Andrea Granelli (re-design del territorio) la fase di de-industrializzazione che stiamo vivendo deve indurci a un riprogetto dei luoghi. In Italia più volte è avvenuta una analoga reinvenzione dei luoghi, giacché non è affatto vero, come si potrebbe pensare, che le città storiche siano sempre rimaste uguali a se stesse.  Ogni città d’arte vive di due aspetti: l’uno fisico,  tangibile; l’altro simbolico, virtuale. E’ anche questo secondo che deve essere restituito al turista e le nuove tecnologie digitali possono contribuire in tal senso. Per Salvo Mizzi (Capitale Digitale) per ordinare la città reale nel mondo virtuale occorre innanzitutto una “tassonomia”: una struttura col potere di “assegnare i nomi” che permetta di inquadrare in modo organico le infinite informazioni provenienti dagli innumerevoli ambiti di possibili letture. L’Italia, non tanto per la quantità del suo patrimonio storico-artistico, quanto per la varietà e diversità di quest’ultimo, si presterebbe a diventare il più grande laboratorio del mondo. Salvatore Iaconesi e Oriana Persico (neorealismo virtuale) presentano una casa editrice che non stampa libri cartacei, ma permette a ciascun cittadino di appropriarsi di un oggetto reale di dominio collettivo per aggiungervi, attraverso la rete internet, il proprio contributo individuale. Qualcosa di simile, spiega Salvatore, allo skateboardista che con la sua performance atletico-artistica riesce, per un momento, a dare il proprio valore a una panchina rotta. Carlo Infante (Urban Experience) paragona lo spazio pubblico di internet alla piazza rinascimentale italiana. I social network (come twitter) consentirebbero al singolo di fare politica con gesti concreti, di esprimersi come a volte in nessun altro modo è possibile. La storia produce informazione, ma anche il luogo produce informazione. La città di Torino, una città grigia ed operaia, ha scoperto un’insperata vocazione turistica solo a partire dalle olimpiadi invernali del 2006.

L’esigenza di trasferire concretamente lo spazio virtuale di internet allo spazio fisico reale è subito dichiarata da Domenico Di Siena (Ecosistema urbano, Madrid).  Si limita per amor di efficacia e brevità a citare in modo pregnante almeno 3 punti essenziali.1) Internet non ci ha portato su altre strane dimensioni ma al contrario ha aumentato l’interesse per il locale. Il luogo ci rispecchia. Che sia bello o brutto si ripercuote sempre in qualche misura sulla nostra identità. 2) La stessa tecnolologia  internet che ci ha aperto al mondo globale, ci ha riportato anche a un interesse locale, perciò la tecnologia permetterebbe -nelle due dimensioni- la cosiddetta “glocalizzazione”. 3) Attraverso lo spazio pubblico virtuale della rete internet, il cittadino torna ad essere un “produttore”, non solo un “consumatore”. In effetti, in un significato che va al di fuori di quello prettamente commerciale, a partire dalla rivoluzione industriale il cittadino avrebbe smesso di produrre e creare lo spazio pubblico e si sarebbe limitato a usufruirne, solo consumandolo. Nella piazza del piccolo paese da cui Domenico proviene, un tempo era possibile venire a sapere tutto della collettività che vi ruotava attorno. La proposta  è di riportare in ambito fisico le qualità di condivisione del mondo virtuale. Tentativo realizzato a Madrid, dove su una parete di un edificio son state fisicamente visualizzate, mediante dispositivi led, le stesse informazioni locali che sarebbero apparse altrimenti solo su internet.

Lascia un commento

Your email address will not be published. Required fields are marked *

  1. UrbanoHumano,
    interessante la relazione: internet <—Globale—> locale.
    Andrebbero aumentati i punti d’indagine capendo anche ciò che non fa ‘internet’.
    Saluti,
    Salvatore D’Agostino