strumenti per la competitività delle città: gli urban center
Con il termine urban center si indicano quelle strutture, pubbliche e pubblico-private, che da alcuni anni operano anche in Italia nell’ambito delle politiche urbane. Il loro sviluppo si può ricondurre ai tentativi di rispondere alla generale crisi delle suddette politiche, acuitasi in diversi paesi negli anni ottanta, e a cui si è cercato di rispondere con diversi strumenti, quali i piani strategici ed il partenariato pubblico-privato. Non essendo in vigore nessuna legge nazionale, o regionale, che ne prevede l’istituzione, il quadro complessivo nazionale presenta differenze rilevanti, seppur non sostanziali, tra caso e caso.
Il dibattito nazionale si è sviluppato significativamente a partire dal 2005(1), grazie al ruolo di enti quali l’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU), ma la bibliografia specifica in materia è ancora ridotta e la difficoltà di comprensione dall’esterno permane.
In Italia i primi urban center sono stati creati – dopo un dibattito quasi ventennale – verso la fine degli anni novanta, in città di dimensioni medio-grandi, ad opera delle amministrazioni locali, talvolta di concerto con soggetti pubblici e privati: alcuni con l’obiettivo di presentare i progetti urbani, altri allo scopo di permettere una definizione allargata degli stessi. Negli ultimi anni queste strutture si sono diffuse in città di varie dimensioni, sempre più spesso con funzioni documentali, partecipative ed analitiche, allo scopo di accompagnare i nuovi piani urbanistici, strategici e strutturali. Proprio in virtù di questa diffusione, molti operatori e studiosi sentono l’esigenza di costruire un insieme di conoscenze comuni(2), nonché di confrontarsi con quanto viene fatto all’estero. Amministratori pubblici, ricercatori, associazioni ed imprese guardano infatti a questi progetti con crescente interesse. Nel solo biennio 2006/2007 sono stati annunciati una quindicina di progetti in tutta Italia, ma con una generale carenza di dettagli per quanto riguarda gli obiettivi e le scadenze dei singoli centri. Un insieme organizzato di casi, riferimenti ed indicazioni di sviluppo, può quindi costituire uno strumento significativo per tutti i soggetti impegnati o solamente interessati nello strumento urban center, affinché ne conoscano le potenzialità come le necessità gestionali.
La ricerca in questione si è svolta tramite il confronto con gli operatori ed i responsabili, l’analisi delle strutture e dei risultati prodotti, seguendo il dibattito interno e i primi studi comparsi in questi anni. Si è inoltre cercato di combinare l’attenzione per gli aspetti gestionali con quelli operativi, e di individuarne tratti comuni, posto che ogni struttura opera con mission e caratteristiche definite di volta in volta dal contesto, con l’obiettivo generale di rendere le trasformazioni urbane e le città stesse oggetti più comprensibili e meno conflittuali per i soggetti e gli attori interessati.
Uno studio dell’insieme degli interventi ed articoli pubblicati sugli urban center fa emergere un dato poco conosciuto(3): la volontà di costituire centri per innovare le politiche urbane era già presente più di venti anni fa. La proposta di studiare i casi stranieri e di avviare dei progetti anche in Italia viene portata avanti dall’INU a partire dai primi anni ottanta, ma senza immediati riscontri. Attorno alla metà degli anni novanta sembrano esservi maggiori possibilità di riuscita, ma bisognerà aspettare il decennio successivo per vedere l’affermarsi di questo strumento nel nostro paese. Nei primi anni ottanta le amministrazioni di alcune grandi città valutarono, per proposta dell’INU, di dotarsi di case della città, strutture che avrebbero dovuto riprendere il modello dei casi britannici impegnati nell’intervento nell’ambito delle politiche urbane, con una maggior impronta museale, sulla storia della città e temi analoghi. Si tratta di un processo non approfondito ma che può aiutare a interrogarsi sulle generali condizioni del dibattito urbanistico e della pubblica amministrazione. In questa occasione, l’istituto aveva tentato di promuovere la creazione di tali strutture in diverse città italiane, tramite pubblicazioni ed attività di lobbying. Tra i primi anni ottanta e i primi anni novanta, alcuni soci dell’istituto illustrarono le esperienze straniere di riferimento e cercarono di preparare il terreno per l’avvio di un dibattito interno alle amministrazioni locali, intervenendo con articoli, proposte e studi. Nel 1984 l’INU pubblicò un dossier, curato da Giulio Tamburini, sulle esperienze internazionali. Contemporaneamente, diversi esponenti dell’istituto avviarono contatti informali con amministratori e politici, cercando di sollecitarli alla creazione di simili strutture anche nel nostro paese, tramite la presentazione di proposte per i casi specifici e avviando un confronto con gli amministratori locali. Lo sforzo non sortì però gli effetti desiderati.
Se i primi risultati arrivarono alla fine degli anni novanta, in realtà già precedentemente si era delineato un altro progetto per creare dei centri a livello cittadino, e amministratori e tecnici avevano discusso a fondo su come dotarsi di tali strutture allo scopo di avviare pratiche comunicative e partecipative intorno alla pianificazione. La ragione dell’avvio di questo dibattito è da ritrovarsi nella possibilità di finanziamento da parte dell’allora Ministero dei Lavori Pubblici per la creazione di urban center in diverse città italiane (Mangoni, 1996). Il progetto di finanziamento è poi decaduto, ma intanto molte amministrazioni comunali avevano già avviato un confronto interno in questa direzione. A Milano si era proceduto alla valutazione di un progetto grazie all’impegno della locale sezione dell’In/Arch, della Camera di Commercio cittadina e dell’Istituto di Ricerca Sociale (Irs) già dalla fine degli anni ottanta.
Ad osservare quanto accaduto nei quasi vent’anni successivi si possono trovare due elementi di radicale cambiamento, per quanto con risultati discontinui: da una parte l’insieme di riforme sulle funzioni della pubblica amministrazione e dall’altra l’evoluzione della materia urbanistica. Questi due processi hanno permesso che maturassero le condizioni affinché simili strutture potessero essere considerate necessarie e disponessero così del clima adatto per essere ‘accettate’. Molti operatori e studiosi trovano riferimento nella attività di comunicazione pubblica(4), posta come funzione strategica dell’operato della pubblica amministrazione dalle leggi n. 142/1990 e n. 241/1990, e poi codificata ed articolata nella legge n. 150/2000. I nuovi strumenti della prassi urbanistica – segnati dal superamento dello strumento gerarchico del Prg (come previsto dalla legge n. 1150 del 1942) – vengono infine presi in carico dalle regioni che, dalla fine degli anni novanta, varano le proprie leggi in materia di governo del territorio. In diversi casi (si guardi ai casi di Emilia-Romagna e Veneto) queste prevedono pratiche di confronto e negoziazione internamente al processo decisionale, il ricorso a strumenti complessi quali i Piani Strategici o Strutturali, e l’allargamento delle tipologie di attori coinvolti. Questo insieme di fattori ha agevolato la ricerca di nuovi strumenti di coordinamento ed informazione quali, appunto, gli urban center. Se si guarda a due delle prime strutture create, Casa della Città di Napoli ed Urban Center Pesaro, si capisce come siano stati decisivi nella definizione del progetto la prospettiva di servizio e l’orientamento all’implementazione del processo decisionale tramite le attività di comunicazione e di partecipazione. Alcuni centri nascono come strumento attuativo o di accompagnamento del Piano Strategico cittadino (Trento, Ravenna, Torino, Venezia), altri sono i centri previsti con queste finalità (Asti, Bolzano e Ferrara).
Attualmente una rassegna completa delle realtà attive a livello internazionale non è disponibile. Incrociando, però, quanto emerge da convegni, risorse on line(5) e studi, i casi si concentrano in paesi europei quali Francia, Olanda, Germania e Gran Bretagna, ed in Australia, Giappone, India e Stati Uniti. Questi urban center si presentano come strutture neutrali – di volta in volta associazioni, centri di ricerca, fondazioni e padiglioni espositivi – e nelle realtà britanniche e statunitensi, le funzioni di formazione e di patrocinio rispetto alle politiche urbane sono primarie. Le prime esperienze si registrano in Gran Bretagna e negli Stati Uniti a partire dagli anni sessanta e settanta. Si tratta di strutture generalmente indipendenti e neutrali rispetto ai progetti pubblici e privati, impegnate in attività di formazione e patrocinio rivolte all’insieme degli attori coinvolti nelle politiche urbane. Questo orientamento alla ricerca e al miglioramento delle politiche urbane è comune anche a centri attivi in Giappone quali il Fukuoka Asian Urban Research Center e il Nagoya Urban Institute, e al Urban Design Research Institute (UDRI) di Mumbai.
Quest’ultimo è una fondazione di interesse pubblico che, tramite il contributo di urbanisti, economisti e sociologi, ha il compito di agevolare il dibattito e proposte sulla condizione dell’ambiente costruito della città indiana.
Gli urban center statunitensi sono fortemente caratterizzati da una mission civica, ovvero dall’obiettivo di migliorare l’efficacia delle politiche pubbliche e, nello specifico, di quelle urbane (mobilità, edilizia pubblica, infrastrutture, progetti privati, etc.). Questo si traduce nel tentativo di stimolare il dibattito con mostre, convegni e pubblicazioni e nella volontà di dotare la cittadinanza di strumenti e competenze per incidere nel processo delle trasformazioni urbane. Il loro profilo gestionale li caratterizza come attori neutri rispetto all’amministrazione pubblica, alla politica e alle imprese: sono associazioni, fondazioni e centri studi collegati ad università (si veda il caso del Pratt Center for Community Development – PCCD) creato come organizzazione non-profit dal Pratt Insitute di Brooklyn, a New York.
Altre tipologie di urban center, diffuse omogeneamente tra Europa, America del Nord ed Asia sono strutture maggiormente concentrate sulla documentazione dell’evoluzione delle singole città. Si tratta di fondazioni di carattere pubblico, come di strutture gestite da amministrazioni cittadine, università ed associazioni di architetti e di costruttori. Questi centri combinano il focus principale, quello urbanistico-architettonico, con l’attenzione ai processi sociali ed economici, nel tentativo di restituire la complessità dei fenomeni urbani. Le mostre ed esposizioni, nelle sedi stesse dei centri, sono dedicate a temi quali architettura, i grandi progetti del passato, l’edilizia pubblica, la mobilità e spesso sono assimilabili a mostre di fotografia ed esposizioni multimediali secondo un modello già affermato. Le loro attività comprendono anche l’organizzazione di incontri e seminari (anche su temi di attualità politica e scientifica), la gestione di archivi (pubblicazioni, fotografie ed altri materiali) nell’obiettivo di offrire una ricostruzione dettagliata dei processi che hanno accompagnato lo sviluppo di città spesso peculiari. Tra le attività ‘minori’ ma dal forte valore il Museum of Sydney organizza una serie di passeggiate per la città, le ‘architecture walks’(6), condotte da architetti che guidano residenti, studiosi e visitatori attraverso luoghi e temi della storia urbanistica e sociale della città.
In generale queste strutture sembrano avere lo scopo di documentare l’evoluzione di città, per cui è peculiare o di interesse promuovere una visione consapevole dell’evoluzione del tessuto urbano.
Nota: La versione integrale di questo articolo è pubblicata in www.ticonzero.info
Note:
1. Cfr Urbanistica Informazioni n. 205, 2005.
2. Cfr. Atti della giornata studio ‘Urban center: realtà a confronto’, 23 giugno 2006, Centro Culturale Candiani, Mestre (VE).
3. Queste informazioni sono basate su un’intervista telefonica all’Architetto Simone Ombuen, ricercatore presso l’Università Roma Tre, dedicata al processo di promozione dello strumento casa della città da parte dell’INU presso le amministrazioni cittadine negli anni ottanta.
4. Cfr. Atti del Convegno Urban Center: una casa di vetro perle politiche urbane. Stili, modelli e forme interpretative per l’informazione, la partecipazione e la costruzione condivisa delle nuove strategie di trasformazione della città, 9 novembre 2006, Venezia.
5. Cfr. il sito web http://www.planum.net/webcompass/best-feb05-it.htm, curato da Davide Paganotti, un’ampia rassegna sugli urban center in Italia e nel mondo.
6. Cfr tra gli altri, il sito web http://www.hht.net.au/museums/mos/exhibitions#architect
Bibliografia
Andriello V. 1998. Caratteri e prospettive di sviluppo della Casa della Città di Napoli. Comune di Napoli, Napoli.
Comune di Pesaro, Istituto per la Ricerca Sociale. 1999. La costruzione dell’Urban Center nella prospettiva della pianificazione strategica. Comune di Pesaro/Irs, Pesaro.
Fareri P. 1995. Urban Center. L’esperienza statunitense. Camera di Commercio, Milano.
Mangoni F. 1996. L’Inu per gli Urban Center, Urbanistica Informazioni, n. 149.
Morgante M. 2005. ‘Tra documentazione e interazione, le prospettive degli Urban Center in Italia’, Urbanistica Informazioni, n. 201.
Risso E. 2004. La porta aperta sul futuro. Appunti e idee per l’Urban Center di Monza. Pubblica/swg, Milano.
Più in generale si vedano le seguenti riviste:
Edilizia e Territorio: 22-27 maggio 2006, 25-30 Giugno 2007 (Il Sole 24 Ore, Milano)
Urbanistica Informazioni n. 149/1996, n. 201/2005, n. 202/2005, n. 209/2006. (INU Edizioni, Roma)
Riferimenti online
Rassegna curata da Davide Paganotti
http://www.planum.net/webcompass/best-feb05-it.htm
Urban center internazionali:
Pavillon de l’Arsenal de la Ville de Paris
http://www.pavillon-arsenal.com/home.php
Reseau des Maisons de l’Architecture de France
http://www.ma-lereseau.org/
Fukuoka Asian Urban Research Center, The
http://www.urc.or.jp/english/index.html
Nagoya Urban Institute
http://www.nui.or.jp/english/outbody.htm
Architecture Center Network
http://www.architecturecentre.net/
Chicago Architecture Foundation
http://www.architecture.org/
Pratt Center for Community Development (New York)
http://www.prattcenter.net/index.php
San Francisco Planning and Urban Research Association
http://www.spur.org/
Museum of Sydney
http://www.hht.net.au/museums/mos/main
fonte del articolo: www.tafter.it