Un viaggio per parlare di Bene Comune, di Città e di Architettura

Oggi voglio lasciare spazio ad un articolo non scritto da me, ma che mi riguarda da vicino. Si tratta del racconto di un viaggio fatto insieme a Giorgio Pini e Camilla Montevecchi che gentilmente mi hanno accompagnato da Roma fino a Cairano per partecipare al Cairano 7x.

In realtà non si tratta del semplice racconto di un viaggio, ma più che altro di un resoconto delle interessanti discussioni e riflessioni che sono nate tra un casello autostradale e l’atro e tra un ingorgo e l’altro. Come leggerete il viaggio é stato molto piacevole e mi ha permesso di conoscere due persone molto interessanti.

Si tratta in realtà solo della prima parte del racconto al quale immagino seguiranno nuove puntate in cui si parlerà più in profondità dell’evento Cairano 7x e del progetto Gluck Channel TV.

Gluck Channel è un progetto su cui lavorano Giorgio Pini, Camilla Montevecchi, Giorgio Salamone, Livia Campana e Diego Emanuele ai quali voglio fare i miei auguri e complimenti per il coraggio e l’energia con cui si stanno dando vida a questa nuova web-tv.

Gluck Channel è stata presente Cairano dove ha realizzato diverse interviste, tra le quali anche una a me.

Bene già mi sono dilungato abbastanza, vi lascio con il testo scritto da Camilla Montevecchi e le foto di Simone Luciani e Giorgio Pini:

“…io chiedo nuovamente: perché un architetto, un architetto buono o un architetto cattivo, deturpa il paesaggio? L’architetto, come quasi ogni abitante della città, non ha civiltà. Gli manca la sicurezza del contadino, che possiede invece una sua civiltà. L’abitante della città è uno sradicato…”
(Adolf Loos, Parole nel vuoto, 1910)

Tarda mattinata di un venerdì di fine maggio, a Roma fa già molto caldo: io e G. stiamo partendo per Cairano ma prima dobbiamo passare a prendere Domenico Di Siena, un giovane architetto italiano trapiantato in Spagna. è stato invitato a parlare nel festival che stiamo andando a filmare, una manifestazione culturale che si apre con l’incontro di architettura naturale Microcosmi eccellenti _comunità, trasformazione, sviluppo locale promosso da ANAB (associazione nazionale architettura bioecologica).

Raggiungo l’aeroporto con il treno, osservo la città che scivola via dal finestrino, che si smaglia in paesotti, gruppi di case, capannoni, in spazi vaghi. L’aeroporto è nel suo abituale fervore, nel luogo del transito per eccellenza nessuno si ferma più del tempo necessario a finire una sigaretta o una bottiglietta d’acqua.

Ci troviamo solo dopo un complicato nascondino ed una lunga serie di telefonate dai cellulari, spaesati dalla ridondanza della pubblicità che copre la segnaletica e che, ripetendosi, genera fraintendimenti: “anche io sono sotto il cartellone Carpisa !!!”.

Quando finalmente mi allaccio la cintura dell’auto di G. e sento i primi fiati dell’aria condizionata, tiro un respiro di sollievo!
Ah! La comodità del mezzo (e dello spazio) privato….mi lascio irretire dal ritrovato benessere ma devo, ahimè, ricredermi subito.
Il Grande Raccordo Anulare e le strade d’uscita da Roma sono congestionate di veicoli che scorrono lentamente come un fiume di lava, emanando fumi e rumori infernali.

Per fortuna siamo con un ospite interessante: abbiamo la stessa età, la stessa laurea, siamo nati nello stesso paese ma lui adesso vive in Spagna. Cominciamo a parlare della situazione attuale dell’Italia ma convergiamo subito sui problemi comuni, quelli globali.

D. ci racconta come in Spagna, e a Madrid in particolare, le persone hanno cominciato a porre fortemente all’attenzione del potere politico un concetto basilare: il “pro. comun”. In italiano sarebbe bene comune, ma la traduzione non definisce completamente il significato del verbo provechar, (approfittare): da noi un bene viene salvaguardato, mentre il “pro” spagnolo allude ad un’idea più ampia e dinamica, che include anche la proiezione comune su quel bene e sui suoi possibili usi, la possibilità di “approfittarne” tutti, teoricamente in egual misura.

Questo concetto porta con sé l’impellenza di prendersi cura delle cose comuni, di proteggerle dall’avidità della speculazione, di impegnarsi in prima persona: non a caso gli individui manifestano la loro voglia di partecipare (anche nel gioco) occupando lo spazio fisico con i loro corpi. Solo incontrandosi e scambiandosi idee e informazioni si può creare il senso dell’aggettivo “comune”. Da sempre gli esseri umani, quando vogliono incontrarsi o radunarsi, usano lo spazio come medium: l’architettura è nata da questa esigenza.

Oggi la Rete e la realtà virtuale costituiscono un ulteriore medium, nuovo e liquido ma non alternativo all’originale, un diverso tipo di spazio che raccoglie e diffonde le informazioni operando come un soggetto collettivo. Da sempre lo spazio è materia da architetti.

Nel suo blog (http://urbanohumano.org) D. racconta “….l’esigenza di trasferire concretamente lo spazio virtuale di internet allo spazio fisico reale ….” e cita “…3 punti essenziali:
1) Internet non ci ha portato su altre strane dimensioni ma al contrario ha aumentato l’interesse per il locale. Il luogo ci rispecchia. Che sia bello o brutto si ripercuote sempre in qualche misura sulla nostra identità.
2) La stessa tecnologia internet che ci ha aperto al mondo globale, ci ha riportato anche a un interesse locale, perciò la tecnologia permetterebbe -nelle due dimensioni- la cosiddetta “glocalizzazione”.
3) Attraverso lo spazio pubblico virtuale della rete internet, il cittadino torna ad essere un “produttore”, non solo un “consumatore”.

In effetti, in un significato che va al di fuori di quello prettamente commerciale, a partire dalla rivoluzione industriale il cittadino avrebbe smesso di produrre e creare lo spazio pubblico e si sarebbe limitato a usufruirne, solo consumandolo. La proposta è di riportare in ambito fisico le qualità di condivisione del mondo virtuale. Tentativo realizzato a Madrid, dove su una parete di un edificio son state fisicamente visualizzate, mediante dispositivi led, le stesse informazioni locali che sarebbero apparse altrimenti solo su internet.”

Finalmente sfrecciamo sull’autostrada del sole ma la città sembra non volerci lasciare andare: centri commerciali, outlet, parchi tematici, aree di servizio; questi luoghi fanno da ripetitori per la diffusione seriale di quella qualità dell’urbano che è la rappresentazione del mondo fisico e culturale alla base dell’identità collettiva contemporanea. Nel frosinate passiamo vicino al luogo dove D. è nato: è partito da qui per frequentare l’università a Roma, poi l’Erasmus in Spagna e oggi vive a Madrid. Parliamo di come la piazza del piccolo paese sia un luogo che produce relazioni ed informazioni perché lì è possibile venire a sapere tutto della comunità locale e di come oggi la rete e i social network abbiano ampliato la possibilità di condividere e di partecipare cambiando i comportamenti e le abitudini delle persone e consentano al singolo di esprimersi e relazionarsi con l’altro oltre le tradizionali limitazioni fisiche.

D. e i suoi soci hanno creato uno studio di progettazione che si chiama “ecosistema urbano” (www.ecosistemaurbano.com) e si definiscono “una struttura aperta, dedicata alla ricerca nel campo dell’architettura e del design, caratterizzata da un’elevata sensibilità verso l’ecologia e le sue relazioni con la sostenibilità delle città e del pianeta. A fronte di posizioni teorico critiche passive, intende svolgere un ruolo attivo e, a partire da uno sguardo costruttivamente critico sulla realtà, utilizza le proprie posizioni come linee guida di progetto. Gli architetti devono smette di pensare esclusivamente in termini materiali. L’uomo crea condizioni artificiali e configura ambienti che possono anche essere architettura. L’uso di mezzi immateriali è importante quanto quello di strumenti materiali. L’architetto contemporaneo è un manager che ottimizza tra i budget e le energie disponibili”. (da: “Ritratto di gruppo con idee”, M. Moro, quaderni di architettura naturale 06, anab) D. ci parla del loro “…progetto di ricerca dedicato al mondo dell’Urbanistica e della Partecipazione Pubblica in rapporto con le nuove tecnologie. L’obiettivo é individuare i punti critici della Progettazione Partecipata e proporre possibili soluzioni attraverso un uso “ragionato” delle nuove tecnologie di comunicazione e la definizione di linee guida per l’ innovazione del modello attuale di Pianificazione….”. ( Urbanistica Digitale, D. Di Siena, http://urbanohumano.org ).

All’altezza di Napoli, stiamo ben attenti a non sbagliare l’uscita: dobbiamo imboccare la A16 che ci porterà in Irpinia, non la famigerata Salerno – Reggio Calabria!
Stiamo penetrando verso l’interno ed il paesaggio comincia a cambiare: alla nostra sinistra le forme massicce dei Monti del Partenio, parte del versante campano dell’Appennino Meridionale, emergono dall’afa; Il denso manto verde che li ricopre è martoriato da buchi bianchi: sono le cave, alcune abbandonate, altre in uso, altre ancora di prossima apertura. La radio parla dell’emergenza rifiuti in Campania e degli scontri tra le popolazioni e le forze dell’ordine.

Ad Avellino lasciamo l’autostrada e imbocchiamo …l’Appia! Mi sembra incredibile, dopo tanti giri di giostra abbiamo ritrovato la consolare romana. Ci chiamano da Cairano, siamo tremendamente in ritardo.
La strada sale sinuosa sui pendii verso i Monti Picentini che si stagliano tra noi e la costa: scorriamo piccoli paesi, case isolate, cominciano anche i ruderi del grande terremoto del 1980. Stazioni di servizio, motel e ristoranti si susseguono lungo il percorso: per i trasporto merci su gomma questa è ancora la principale via di collegamento tra Puglia e Campania.

Rimpiangiamo di aver ceduto alla fame: non c’è paragone tra un bel pranzo da camionista ed il panino di plastica dell’Autogrill !!!

Siamo quasi arrivati, attraversiamo il fiume Ofanto che si allarga in un enorme lago artificiale creato con la costruzione più a valle di una grande diga. Il pianoro è stato allagato sommergendo tutto quello che c’era: i tetti degli edifici abbandonati e le chiome degli alberi spuntano dall’acqua, testimoni delle profonde trasformazioni naturali e non intervenute in questa zona, epicentro del sisma irpino.

Le strade si fanno sempre più piccole e le indicazioni sempre più rare. Finalmente all’orizzonte, appare la sagoma di uno scoglio, un relitto incagliato tra le colline ondulate gialle di grano: la rocca di Cairano!

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  1. rossellaferorelli says:

    Sono stata (per ora solo virtualmente) presente a Cairano anch’io, con Garden Faber. Che sia questa l’occasione per conoscerci presto?
    Saluti!

    1. domenico says:

      Ciao Rossella, sembra che per il momento dobbiamo continuare a “sfiorarci” digitalmente. Spero che avremo presto la possibilità di conoscerci personalmente.
      Saluti dalla spagna!!
      Magari se passi per Madrid fammi sapere….

  2. Tatiana says:

    Il mio nome è Tatiana Dias, lavoro per una impresa di Cominicazione e marketing in Spagna.
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